Non videro nulla perché non guardavano nulla. Non sanno come guardare
Ho letto ieri un proverbio senegalese riportato da un gruppo su fb: "E' cieco chi guarda con gli occhi soltanto."
…e ancora: ”Il fatto che le culture differiscano nelle modalità percettive non dimostra che qualunque atto percettivo sia buono o che «tutto è relativo» alla percezione. Chiaramente alcuni contesti richiedono una prospettiva più ristretta, altri una percezione più ampia, olistica. I nomadi del mare sono sopravvissuti grazie a una combinazione della loro esperienza del mare e della percezione olistica. I membri di queste tribù sono in tale sintonia con il comportamento del mare che, quando lo tsunami del 26 dicembre 2004 colpì l’oceano Indiano, uccidendo milioni di persone, si salvarono tutti. Videro che il mare aveva iniziato a ritirarsi, e che l’onda di riflusso era seguita da un’altra onda insolitamente piccola; videro i delfini nuotare verso acque più profonde, mentre gli elefanti fuggivano disordinatamente verso le alture e le cicale smettevano di cantare. I nomadi del mare iniziarono a raccontarsi l’un l’altro l’antica leggenda dell’« onda che inghiotte le persone»: l’onda era tornata. Molto prima che la scienza moderna capisse cosa stava succedendo, i nomadi avevano già abbandonato il mare alla ricerca di tetre più alte, oppure si erano spostati dove l’acqua era più profonda, e si salvarono. Ciò che furono in grado di fare, a differenza di persone più moderne e analitiche, fu mettere insieme tutti questi eventi insoliti e considerarli nella loro globalità, da una prospettiva eccezionalmente ampia, persino per gli standard orientali. Difatti, anche i marinai birmani si trovavano in mare quando giunse lo tsunami, ma non si salvarono.A un nomade del mare venne chiesto com’era possibile che i birmani, i quali conoscevano il mare, fossero morti tutti.L’uomo rispose: «Stavano pescando i calamari. Non guardavano nient’altro. Non videro nulla perché non guardavano nulla. Non sanno come guardare».” di N.D. da “Il cervello infinito” - Ponte delle Grazie
Un amico una volta mi ha detto qualcosa del tipo: “…è certo che se vuoi vederla una cosa la vedi (anche se non esiste)”…e io aggiungo: se una cosa non la vuoi proprio vedere non la vedi, neanche se ce l’hai davanti agli occhi…
Metsuke: fissare lo sguardo (dal glossario dell’Aikikai); parlare dello sguardo, di cosa e come vedere…più ci penso e più sembra una cosa difficile, una cosa che sembra, che dovrebbe essere innata, ma che allo stesso tempo viene facilmente deviata dalla cultura, dal nostro modo di vivere…insomma da cose inscindibili (anche se diversissime nella loro varietà e modificanbili) dalla condizione di essere vivente.
Guardare, percepire, interpretare (SAPER interpretare), sviluppare la propria sensibilità…
Il primo passo sembra quello di prendere coscienza di chi siamo, delle nostre potenzialità sensibili (si vede con gli occhi, con la pelle con le orecchie, col cuore con la testa…con tutti noi stessi).
Il secondo, imparare ad usare e a controllare questi sensi, dal punto di vista fisico (tanto per tornare alle tribù nomadi del mare (vivono ad al largo della costa ovest della Thailandia) che per poter avere una visione nitida sott’acqua riescono a controllare non solo la forma del cristallino, ma anche la dimensione della pupilla) e dal punto di vista dell’elaborazione mentale (come interpretiamo quello che “vediamo”? che peso gli diamo? lasciamo dello spazio per poter di volta in volta integrare la nostra interpretazione iniziale fino a renderla il più possibile vicina alla realtà o ci “fissiamo” sulla prima impressione?)…insomma, forse più che per avere il controllo si tratta di avere la consapevolezza di quello che facciamo e del peso culturale/psicologico che attribuiamo a quello che percepiamo.
Il terzo…bho…forse solo rimanere aperti a quello che ci circonda.
Nessun commento:
Posta un commento