mercoledì 22 settembre 2010

The Primacy of Consciousness - Peter Russell

Presentation given at "Physics of Consciousness" conference, Virginia, 2004, in which Peter Russell explores the mystery of consciousness from both scientific and mystical perspectives, showing how light is intrinsic to both, and giving a coherent argument as to why consciousness is fundamental essence of the cosmos.








http://video.google.com/videoplay?docid=7799171063626430789#

domenica 19 settembre 2010

FOLLIA CONTROLLATA

(Citazione dal libro di Carlos Castaneda "Una Realtà Separata")

DON JUAN:
«E' possibile insistere, insistere in modo conveniente, anche se sappiamo che ciò che stiamo facendo è inutile» disse sorridendo. «Ma dobbiamo sapere prima di tutto che le nostre azioni sono inutili e tuttavia dobbiamo procedere come se lo ignorassimo. Questa è la follia controllata dello sciamano. (...)
Sono felice che tu, alla fine, mi abbia chiesto della mia follia controllata dopo così tanti anni, e tuttavia non mi sarebbe importato se non me lo avessi chiesto. Ma ho scelto di essere felice, come se fosse importante il fatto che tu me l'abbia chiesto, come se fosse importante il fatto che ci tenga. Questa è la follia controllata!»

Ridemmo entrambi molto forte e lo abbracciai. Trovavo meravigliosa la sua spiegazione, anche se non la capivo per niente. (...)

CARLOS CASTANEDA:
«Con chi eserciti la follia controllata, don Juan?» chiesi dopo un lungo silenzio.
Fece una risatina.

DON JUAN:
«Con tutti!» esclamò sorridendo.

CARLOS CASTANEDA:
«Allora, quando scegli di metterla in pratica?»

DON JUAN:
«Ogni singola volta che agisco.»

A quel punto sentii che avevo bisogno di riepilogare e gli chiesi se follia controllata significasse che le sue azioni non erano mai sincere, ma erano solo gli atti di un attore.

DON JUAN:
«Le mie azioni sono sincere,» disse «ma sono solo gli atti di un attore.»

CARLOS CASTANEDA:
«Quindi tutto ciò che fai deve essere follia controllata!» esclamai sinceramente sorpreso.

DON JUAN:
«Sì, tutto» rispose.

CARLOS CASTANEDA:
«Ma non può essere vero» protestai «che ogni tua azione sia solo follia controllata.»

DON JUAN:
«Perché no?» ribattè con espressione misteriosa.

CARLOS CASTANEDA:
«Ciò equivarrebbe ad affermare la tua indifferenza verso tutto e tutti. Prendi me, per esempio. Intendi dire che non t'interessa se divento o no un uomo di sapere, o se vivo, o muoio, o faccio qualsiasi cosa?»

DON JUAN:
«Vero! Non mi importa. Sei come Lucio, o chiunque alro nella mia vita, la mia follia controllata.»

Provai una strana sensazione di vuoto. Ovviamente non c'era ragione al mondo per cui don Juan dovesse avermi a cuore, ma, d'altra parte, avevo quasi la certezza che tenesse a me personalmente; pensavo che non potesse essere altrimenti, poiché mi aveva sempre prestato la massima attenzione in ogni momento trascorso insieme. Mi venne il sospetto che forse don Juan diceva quelle cose solo perché era seccato con me. Dopotutto, avevo abbandonato i suoi insegnamenti.

CARLOS CASTANEDA:
«Ho l'impressione che non stiamo parlando della stessa cosa» osservai. «Non avrei dovuto usare me stesso come esempio. Intendevo dire che deve esserci qualcosa al mondo a cui tieni in un modo diverso dalla follia controllata. Non credo che sia posssibile continuare a vivere se non c'è nulla che per noi conti veramente.»

DON JUAN:
«Questo vale per te» disse. «Le cose importano a te. Mi hai chiesto della mia follia controllata e ti ho detto che tutto ciò che faccio per me e per i miei simili è follia, perché niente è importante.»

CARLOS CASTANEDA:
«Il punto è, don Juan: come puoi continuare a vivere se non c'è nulla di cui ti importi? ... Voglio veramente sapere; devi spiegarmi cosa intendi dire.»

DON JUAN:
«Forse non è possibile» rispose. «Alcune cose nella tua esistenza ti interessano perché sono fondamentali; le tue azioni sono sicuramente importanti per te, ma per me non c'è più neppure una singola cosa che sia rilevante, né i miei atti né quelli dei miei simili. Continuo a vivere, tuttavia, perché ho il mio intento, perché l'ho temprato per tutta la vita finché è diventato chiaro e integro e ora non m'interessa che alcunché conti per me. Il mio intento controlla la follia della mia esistenza. (...)
Quando un uomo ha imparato a vedere, si trova solo al mondo, con nient'altro se non la follia. ... I tuoi atti, come quelli dei tuoi simili in generale, ti sembrano importanti perché hai imparato a pensare che lo siano. (...)
Non ho detto senza valore, ho detto non importante. Per esempio, per me non c'è modo di dire che i miei atti siano più importanti dei tuoi, o che una cosa sia più necessaria di un'altra, perciò tutte le cose sono uguali ed essendo uguali non sono importanti.»

Gli chiesi se intendesse dichiarare che ciò che aveva chiamato "vedere" era in effetti un "modo migliore" del mero "guardare alle cose". Rispose che gli occhi degli uomini possono svolgere entrambe le funzioni; l'una non è migliore dell'altra, ma addestrare i propri occhi solamente a guardare era, a suo parere, una rinuncia inutile e disonorevole.

sabato 18 settembre 2010

Aikido e Assoluto

Colgo l’occasione per provare a chiarire alcuni dubbi che mi frullano in testa dallo Stage del maestro Tada alla Spezia e che, in parte, si sono rafforzati dopo la lettura di uno dei testi di M. Fukuoka.

Spesso si parla di assoluto, di movimento assoluto, nell’aikido e volevo fare due domande:

  • Prima (dalla risposta forse scontata): praticare aikido è un’operazione di pulizia?!? Dall’inizio alla fine si tratta di misogi e quindi di un’educazione all’assoluto?!?
  • Seconda: M. Fukuoka fa notare che l’assoluto non è l’insieme “….di contraddizioni, un miscuglio di bello e brutto, di bene e male di forza e debolezza…”, poiché questo implica già una nota di relativismo. Non si tratta di un unire cose divise perché l’universo, l’assoluto è già un tutto unico. Di fatto l’assoluto “semplicemente” comprende e trascende tutto ciò, risultando però, inesprimibile.
    Quella che resta è la cosiddetta “…ottica del MU… quella della gente prima di diventare consapevole di sé...”( prima di vedere chiaramente un “sé” distinto da un resto che è percepito come altro, almeno così ho interpretato).
    Risulta quindi che per “capire” cosa sia l’assoluto è necessario “spolverare” lo stato naturale di mushin e di mantenerlo costantemente, respirando, agendo e pensando come assoluto, essendo universo.
    Ora, se ciò che resta è il “non sapere, il non dire, il non fare, il non possedere”…si tratta di una via puramente ascetica?!?
    E’ possibile essere perfettamente immersi nella vita quotidiana con il suo bello ed il suo brutto (pensiero RELATIVO) essendo contemporaneamente in uno stato di mushin?!?
    Del resto, “…I miei pensieri potevano essere cambiati, ma questo non voleva necessariamente dire che avessi attraversato un cambiamento fondamentale di vita”…ovvero il solo "sentire istantaneamente" come stanno le cose non serve di per sé a cambiare niente…
    La via per arrivare ad avere coscienza dell’assoluto è una via naturale?!? Se è così che senso ha parlarne? Tanto prima di farne esperienza non posso capire di cosa si tratta…
    E’ un po’ come chiedere ad ogni mia singola cellula di avere piena coscienza di tutto il corpo…forse biologicamente/fisiologicamente è così, ma io non ne sono cosciente, o almeno la mia testa non lo vede/sente. Se io sono già assoluto/universo a che mi serve saperlo in maniera conscia…cioè, anche se non lo so mica ci perdo niente...

Scusate, ho un po’ di confusione in testa…

Beatrice

Ieri sera

Ieri sera sono uscito con un gruppo di amici e visto che tornavo dall'allenamento, uno di essi mi ha posto alcune domande sull'aikido e soprattutto sulla differenze con le altre arti marziali.
In quel particolare momento mi è venuto in mente un aspetto tra tutti, così ho cercato di spiegargli:
"Allora....semplificando parecchio, nelle altre arti marziali c'è una distinzione netta tra attacco e difesa, per cui uno attacca l'altro si difende e contrattacca e così via; nell'aikido non è ben netta la distinzione perchè chi pratica dovrebbe unirsi all'altro in maniera tale che non ci sia più attacco e difesa ma solo un movimento".
Anche cercando di spiegarlo nel modo più semplice era evidente che non mi avesse capito (potevo scorgere benissimo il cespuglio che rotola nel deserto, alternato alle scimmiette che si spulciano, tra le pieghe della sua espressione) e allora frugo nei ricordi cercando un esempio chiarificatore e ne scorgo uno apparentemente adatto:
"Non è tanto complicato come sembra, pensa che io incontri Matteo e noi spontaneamente ci diamo la mano; tu dall'esterno potresti dire se io ho dato la mano a Matteo oppure lui l'ha data a me?"
Eccola!
Si accende una scintilla in faccia al mio amico e capisco subito che il concetto è passato!

martedì 7 settembre 2010

A proposito di Concentrazione

Proseguendo il discorso della concentrazione forte anche delle ultime letture sull'origine ed evoluzione delle così dette culture orientali ho trovato in questi due video qualcosa che ritroviamo anche in quello che si è sviluppato nel filone dell'aikido..e di cui si parlava qualche post fa....

http://www.youtube.com/watch?v=Vz_KnpEoMTY

Un altro contributo che mi è sembrato valido dello stesso autore sono alcune parole su come riconoscere il proprio maestro...

http://www.youtube.com/watch?v=oNDROPG6v7s

sabato 4 settembre 2010

Piccolo esercizio

Consiglio a tutti di vedere il film "Metropia", applicando questa piccola tecnica considerarlo non un racconto di fantasia, ma come una descrizione effettiva della nostra realtà.
Poi vediamo quali sono le riflessioni che ci spuntano tra le piegucce del cervello........

giovedì 2 settembre 2010

Rientro dalla maddalena

Ciao a tutti....
sono rientrato da qualche giorno dallo stage tenutosi alla Maddalena(sardegna).
L'esperienza è stata meravigliosa sia dal punto akidoistico che di relax e vacanza.
Sorvolando le bevute di birra sarda, le mangiate di pesce e il mare stupendo e l'ottima compagnia internazionale.....
lo stage si è svolto sotto gli insegnamenti dei maestri Martufi e Villaverde che come a solito a ottimo livello hanno lavorato tutta la settimana fissando punto per punto quei concetti fondamentali dell'aikido quali l'unione armonica e precisa tra il movimento delle mani e dei piedi in ogni tecnica e quel momento che separa la marzialità del gesto con lo sviluppo dei movimenti dell'aikido. Per spiegarmi meglio per ogni attaco si è puntato molto sul primo spostamento ad evitare l'attacco ed il primo gesto di difesa da dove poi sarebbero nate tutte le tecniche finalizzate all'unione tra tori e uke.
Abbiamo lavorato abbastanza son jo e bokken ma soprattutto è stato fatto molto per ribadire l'atteggiamento e il corretto modo di spostarsi di uke, senza del quale (se lavora male) non c'e' possiblità di studiare correttamente.
Un accento particolare è stato poi messo dal M° Minegishi: uno spettacolo di per se vedere una donnina di 1 metro e50 di settanta anni muoversi come un grillo sul tatami. Al di la dei cazziatoni a suon di calci nelle palle e pugni(per fortuna non portati a segno) ogni volta uke si muoveva lento o mostrava parti vulnerabili durante il suo attacco.
Il suo aikido, poco basato sui movimenti della spada, era incentrato sulla relazione tra l'equilibrio e lo spazio che va percepito costantemente durante un attacco e guidato con elasticità e senza rigidità ed eccessiva forza.

Per il reso ve lo racconto al dojo
PS: c'era un sacco di gnocca!!!!!!