A ognuno di noi, non importa se credente o meno, è accaduto di vivere
momenti particolari in cui il senso di piccolezza del proprio essere si
è accompagnato a una sensazione di unità, di partecipazione a un tutto
di cui non siamo che un’infima parte. Può trattarsi dell’incontro con
una civiltà antica, della riflessione della vita, della lettura di un
brano di poesia, della contemplazione della natura o di un’opera d’arte,
dell’ascolto cli una musica, della meditazione. Per quanto mi riguarda,
nulla riesce a darmi maggiormente il senso della partecipazione
all’universo della contemplazione del cielo stellato in alta montagna.
Lontano da ogni luce, migliaia di stelle si rendono visibili e mi
ricordano che la mia esistenza è parte di un’avventura antichissima e
misteriosa, cominciata ben prima dell’inizio della vita. Questa
contemplazione, pur facendo sentire piccoli e irrilevanti molti dei
problemi per i quali ci affanniamo ogni giorno, non ha l’effetto di
sminuire il valore della mia esistenza. Al contrario, la mia vita umana,
limitata e fugace, mi appare come un piccolo pezzo della storia
meravigliosa dell’universo, che sono chiamata a onorare vivendo al
meglio la mia esistenza nell’angolo di mondo e nell’arco di tempo che mi
è stato concesso.
Guardando la volta celeste si rinnova il senso
di meraviglia ben espresso dalle parole di Kant sulla legge morale
dentro di noi e sul cielo stellato sopra di noi ... Le due esperienze
sono connesse...anche perché la nostra mente pensante è unita alla
materia di quel cielo stellato molto più di quanto non appaia. Gli
elementi che compongono l’universo sono gli stessi che si ritrovano nel
sistema solare e sulla terra, e da essi si è originata la vita: vi è una
profonda unità tra il cosmo e la terra in cui viviamo. In questa
piccola parte di spazio, a partire da quegli elementi, si è sviluppata
la vita, dalle forme più semplici fino a quelle più complesse, tutte
strettamente apparentate...Tra la volta celeste e il nostro pensiero che
la contempla e l’ammira vi è dunque un’unità profonda.
In
quest’unità, anche la morte trova la sua collocazione. Per il biologo la
morte è parte naturale della vita: è il destino di ogni essere vivente,
che rientra così nel grande ciclo biologico
dell’esistenza...Contrariamente a quanto molti ritengono, una visione
immanente della vita non porta di per sé né al disprezzo per la vita in
genere, né a quello per la vita umana in particolare e quindi alla
sopraffazione degli altri esseri umani...Può anzi condurre a un’accettazione della propria esistenza come parte
di un tutto che fluisce lungo un tempo trascendente ognuno di noi, accettazione
dalla quale deriva un maggior senso di responsabilità nei confronti di quel
piccolo pezzo di vita che si è espressa attraverso di noi...
S.B. da "Mille fili mi legano qui"