martedì 8 maggio 2012

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A ognuno di noi, non importa se credente o meno, è accaduto di vivere momenti particolari in cui il senso di piccolezza del proprio essere si è accompagnato a una sensazione di unità, di partecipazione a un tutto di cui non siamo che un’infima parte. Può trattarsi dell’incontro con una civiltà antica, della riflessione della vita, della lettura di un brano di poesia, della contemplazione della natura o di un’opera d’arte, dell’ascolto cli una musica, della meditazione. Per quanto mi riguarda, nulla riesce a darmi maggiormente il senso della partecipazione all’universo della contemplazione del cielo stellato in alta montagna. Lontano da ogni luce, migliaia di stelle si rendono visibili e mi ricordano che la mia esistenza è parte di un’avventura antichissima e misteriosa, cominciata ben prima dell’inizio della vita. Questa contemplazione, pur facendo sentire piccoli e irrilevanti molti dei problemi per i quali ci affanniamo ogni giorno, non ha l’effetto di sminuire il valore della mia esistenza. Al contrario, la mia vita umana, limitata e fugace, mi appare come un piccolo pezzo della storia meravigliosa dell’universo, che sono chiamata a onorare vivendo al meglio la mia esistenza nell’angolo di mondo e nell’arco di tempo che mi è stato concesso.
Guardando la volta celeste si rinnova il senso di meraviglia ben espresso dalle parole di Kant sulla legge morale dentro di noi e sul cielo stellato sopra di noi ... Le due esperienze sono connesse...anche perché la nostra mente pensante è unita alla materia di quel cielo stellato molto più di quanto non appaia. Gli elementi che compongono l’universo sono gli stessi che si ritrovano nel sistema solare e sulla terra, e da essi si è originata la vita: vi è una profonda unità tra il cosmo e la terra in cui viviamo. In questa piccola parte di spazio, a partire da quegli elementi, si è sviluppata la vita, dalle forme più semplici fino a quelle più complesse, tutte strettamente apparentate...Tra la volta celeste e il nostro pensiero che la contempla e l’ammira vi è dunque un’unità profonda.
In quest’unità, anche la morte trova la sua collocazione. Per il biologo la morte è parte naturale della vita: è il destino di ogni essere vivente, che rientra così nel grande ciclo biologico dell’esistenza...Contrariamente a quanto molti ritengono, una visione immanente della vita non porta di per sé né al disprezzo per la vita in genere, né a quello per la vita umana in particolare e quindi alla sopraffazione degli altri esseri umani...Può anzi condurre a un’accettazione della propria esistenza come parte di un tutto che fluisce lungo un tempo trascendente ognuno di noi, accettazione dalla quale deriva un maggior senso di responsabilità nei confronti di quel piccolo pezzo di vita che si è espressa attraverso di noi...



S.B. da "Mille fili mi legano qui"

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